lunedì 19 aprile 2021

                                                                  #700DANTE

LUOGHI, PERSONAGGI, PAROLE

Continuando il nostro viaggio alla scoperta dei luoghi campani presenti nell’opera dantesca, ci ritroviamo nel secondo regno dell’Oltretomba: il Purgatorio. Qui, precisamente nel terzo canto, viene citata la città di Benevento, scenario della famosa battaglia tra fra Carlo I d'Angiò e Manfredi di Svevia, battaglia che segnò il tramonto della potenza sveva in Italia e l'inizio del predominio angioino al sud. Manfredi si era portato da Capua a Benevento, facendo avanzare l'esercito. Una parte dei suoi cavalieri, sotto la guida dei conti di Caserta e di Acerra, abbandonò il campo venendo meno alla fede giurata; Manfredi cadde valorosamente durante il combattimento.

 


                                                  Battaglia di Benevento (26 febbraio 1266)

 

 

Purgatorio, Canto III, VV. 112-129

 

    Poi sorridendo disse: Io son Manfredi                                 112

    nipote di Gostanza imperatrice;

    und’io ti prego che, quando tu riedi,

    vadi a mia fillia bella, genitrice                                            115

    dell’onor di Cicilia e di Ragona,

    e dichi a lei il ver, s’altro si dice.

    Poscia ch’io ebbi rotta la persona                                         118

    di du’ punte mortali, io mi rendei

    piangendo a Quei che volontier perdona.

    Orribil furon li peccati miei;                                                 121

    ma la Bontà infinita à sì gran braccia,

    che prende ciò che si rivolge a lei.

    Se il Pastor di Cosenza, che a la caccia                                 124

    di me fu messo per Clemente, allora

    avesse in Dio ben letta questa faccia,

    l’ossa del corpo mio sariano ancora                                       127

    in co del ponte, presso a Benevento,

    sotto la guardia della grave mora.

 

Purgatorio, Canto III (Dante incontra Manfredi di Svevia)

 

 

PARAFRASI

Proseguì quindi sorridendo: “Io sono Manfredi, nipote dell’imperatrice Costanza; e perciò ti prego, quando tornerai nel mondo dei vivi, di andare dalla mia bella figlia, madre dei due re di Sicilia e di Aragona, a raccontarle la mia vera storia, se viene raccontata un’altra versione.

Dopo che il mio corpo subì queste due ferite mortali, io affidai la mia anima, piangendo per il pentimento, a Dio, lui che è sempre disposto a perdonare.

I peccati che commisi in vita furono orribili; ma l’infinità bontà di Dio ha delle braccia tanto larghe che abbraccia chiunque si rivolga a lei, perdona chiunque si penta realmente.

Se il vescovo di Cosenza, che fu mandato in cerca del mio corpo da papa Clemente dopo la mia morte, avesse ben compreso questo aspetto di Dio, le ossa del mio corpo si troverebbero ancora all’estremità del ponte presso Benevento, custodite dal quel pesante mucchio di pietre che le ricopriva.

 


Benevento

 

Nel corso del canto III Dante utilizza un termine che ha assunto significati diversi col passare dei secoli: contumacia.

Sapete qual è il significato di tale termine ai tempi di Dante? Esso indicava la disubbidienza che nasce dalla superbia: specificamente, il non piegarsi, nonostante la gravità della scomunica, all'autorità della Chiesa.

Oggigiorno, invece, questo termine assume un nuovo significato ed è impiegato in ambito giuridico. Esso, infatti, nel diritto penale, indica l’astensione dell’imputato, citato in giudizio, dal comparire al dibattimento processuale.

 

Link sitografici di riferimento:

https://divinacommedia.weebly.com

https://it.pearson.com/aree-disciplinari/italiano/dante-alighieri-700.html#occhi

https://www.treccani.it/vocabolario.it